Gildone
L’immigrazione a Canada
Gildone è stato un Paese di emigranti, in cent'anni ha dato all' emigrazione migliaie di persone. Il Paese e passato da un popolazione media che sfiorava i tremila abitanti agli attuali circa 850. I primi emigrati partirono già nel 1880, si stabilirono prima a Brooklin, poi a Cleveland (Ohio), ove attualmente risiedono 200 oriundi. Molti tornarono al Paese, investendo i loro risparmi in case e nei campi,sperando cosi di migliorare il tenore di vita. Tutti quei emigranti Gildonesi seguirono il fenomeno dell’emigrazione del tempo, come tanti italiani, partirono dai porti del mediterraneo con navi zeppi, tra i quali centinai di Gildonesi, diretti verso l’ America . Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Si può distinguere l'emigrazione Gildonese in due grandi periodi: quello della grande emigrazione tra la fine del 1800 e gli anni 30 dove fu preponderante l'emigrazione veso l’America. Quello dell'emigrazione Canadese e Australiana, che ha avuto inizio a partire dagli anni cinquanta. Alla fina degli anni 40 ebbe come destinazioni in America del sud in particolare Brasile, Argentina e Venezuela, paesi con grandi estensioni di terre non sfruttate e con necessità di mano d'opera, in Europa: Belgio, Svizzera, Germania e Francia, ebbe modalità e forme diverse, a seconda i paesi di destinazione. La grande emigrazione ha avuto come punto d'origine la diffusa povertà dell’epoca e la grande voglia di migliorare le condizioni economiche della famiglia. le cui partenze significò pure per il paese un forte alleggerimento della "pressione demografica. Negli Stati Uniti, Canada, Australia, Argentina e Brasile si caratterizzò prevalentemente come un'emigrazione di lungo periodo, spesso priva di progetti concreti di ritorno in Italia, mentre in Europa era considerata da molti, al momento della partenza, come un'emigrazione temporanea, spesso solo di alcuni mesi, nella quale lavorare e guadagnare per costruire, poi, un migliore futuro in Italia. Tuttavia questo fenomeno non si verificò e molti degli emigranti sono rimasti nei paesi di emigrazione. I periodi interessati dal movimento migratorio vanno dal 1880 al 1915, quasi si esaurì durante il Fascismo, ma ebbe una ripresa subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Quote consistenti di emigranti Gildonesi si diressero anche in Venezuela e Australia ma la maggioranza partirono verso il Canada e quasi tutti si stabilirono nella città di Montrèal, come mostra la lista che segue, dei nomi, dei primi arrivati a Montèal.
Col tempo alcuni di questi nominativi si trasformano ed altri ne vengono aggiunti. Eccone alcuni nella grafia del 1658: Porzia Cesarotto vedova Angeloni, Criscento di Criscento, Antonio d’Avirro, Domenico Ricciardo, Giuseppe di Micco, Carulo Barile, Maruccia Antonaccio, Francesca vedova di Gio di Luca, Iacono di Maio, Mariano Bruno, Iacopo Palmiero, Angelo d’Agata, Noè Pavento, Angela Rossi, Domenico Carlone, Angela Carlozzo, Paulo Cefaratti, Bernardino Carriero, Francesco Lamenta, Angela di Santo, Ioanne d’Agata alias Ritone, Carlo di Cocco, Giambattista Perrotta, Ippolita Chiovitto, Nardo Mancini, Don Cosmo Rossi, Rosa della Petrella, Donato d’Attellis sposato a Domenica Ianitri e suo fratello Marco sposato a Laura Lamenta
Casati secolari e antichi cognomi ormai di casa anche oltreoceano, dove contraddistinguono con onore pure l’identità di figli e nipoti nati in Canada… quel suolo lontano e forestiero che pertanto oggi è per essi terra nativa e Patria beneamata!

Nomi e data di arrivi a Montreal
(lista compilata da Pasquale Luciano e Rocco Petrella)
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Leone, Giorgio fu Domenico Gen-1950
Di Lillo, Giuseppe fu Pasquale Mag-1950
Totarella, Sabino fu Nicola Mar-1950
Farinacci, Sabino fu Antonio Mar-1950
Luciano, Francesco fu Antonio Mag-1950
Luciano, Michele fu Antonio 20-Mag-1950
Germano, Giuseppe fu Francesco Jul-1950
Di Lillo, Giovanni fu Raffaele 24-Lug-1950
Mandato, Antonio fu Pasquale 27-Ott-1950
Virgilio, Nicola fu Ferdinando Nov-1950
Massimo, Francesco fu Francesco 1950
Petitti, Leonardina [Colicchio] 1950
Petitti, Nicolino 1950
D’Amico, Francesco fu Antonio Ott-1951
D’Elia, Giovanni 1951
Del Balso, Angelo fu Giuseppe Dic-1951
Del Balso, Giuseppe fu Michele 2-Nov-1951
Del Balso, Giuseppe fu Michele Apr-1951
Del Balso, Nicola fu Michele 2-Nov-1951
Di Lillo, Angelo 21-Aug-1951
Di Lillo, Antonio fu Raffaele Nov-1951
Di Lillo, Carmela [Cianciullo] Ott-1951
Di Lillo, Giovanni di Nicola 21-Ago-1951
Di Lillo, Giuseppe fu Nicola 1951
Di Lillo, Pasquale fu Giuseppe [Marcella] Ott-1951
Di Santo, Giuseppe Iangelandrea 1951
Farinacci, Antonio fu Giuseppe Set-1951
Farinacci, Augusto Dic-1951
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Attualmente vivono circa 3500 Gildonesi (di origine) a Montreal

Cenni Storici
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ORIGINE E DENOMINAZIONE. - Il SUO nome è "Celidonia" nel Catalogo Borrelliano del secolo XII: "Geldoniam" nei tempi successivi: "Celdrone" nell'apprezzo di Campodipietra del 1706 pel Tavolario Galluccio: "Geldone" nei diplomi del secolo XVIII. Il Comune presente prosperò per l'immigrazione che vi fecero gli abitanti di Quadrano e di S. Andrea, allorchè disertarono quei feudi.
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Lo stemma del Comune, in antico, ricordava l'evento fortunato, giacchè consisteva in uno scudo spaccato e partito nel campo superiore: col primo quarto caricato di tre pesci, e il secondo d'una vipera attortigliata; mentre il campo inferiore era caricato d'un giglio stilizzato, ad indicare il connubio di S. Andrea, Quadrano e Gildone primeva. Questo stemma non è più in uso.
POPOLAZIONE. - Fuochi 231 nel 1532: 316 nel 1545: 343 nel 1561: 251 nel 1595: 251 nel 1648: 129 ne! 1669: abit. 1863 nel 1780: 2434 nel 1835; 2541 nel 1861: 2790 nel 1881: 2861 nel 1901: 2468 nel 1911.
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NOTIZIE FEUDALI. - Un diploma del 1079 attesta l'esistenza di Gildone. Siffatto diploma si riferisce ad una donazione dì Rao Falco Graone " de genere francorum" consaguineo di Nubulone signore di Gildone alla chiesa di S. Maria Decorata (compresa nel feudo di S. Andrea) fondata dallo stesso Nubolone; e si nota che la donazione era fatta " ad petitionem et preces antedicti Domini Nubulonis consanguinei " sui, etc." (192).
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Altro feudatario longobardo fu Ragone, il cui nome è tramandato da un diploma di donazione in favore del monastero di S. Maria Decorata annesso alla chiesa omonima.
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Il periodo normanno e l'epoca sveva non offrono tracce relative a Gildone; non cosi il tempo angioino, poichè nel "Liber Donationum Regi Caroli" è riportato qual titolare per Gildone e Ielsi Bertrando di Belmonte.
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In prosieguo Gildone venne assegnata con titolo comitale alla famiglia Sanfromondo, della quale diamo i ragguagli storici nella mon. di 13oiano nel III volume. Ignoriamo quanto tempo tale famiglia ne restasse in dominio: pare, però, indubitabile che Francesco Sanfromondo ne fosse l'ultimo titolare nel 1334.
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Il Sanfromondo, invero, in tale anno vendè il feudo ad Oddone Seeriano, della nobile famiglia regnicola ascritta al Seggio di Porto (da noti confondere con la famiglia di Sanseverino) avente ad arma un campo partito: rosso nel terzo superiore con tre gigli di Francia di oro, nei due terzi inferiori compartito di onde di oro e di azzurro
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Di tale famiglia sono noti a noi due soli titolari per Gildone: Oddone e il figlio Riccardo, che ebbe a consorte Maria Pipino prole del Conte di Nocera.
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Nel periodo durazzista — se al tempo di Carlo III o in quello di Giovanna II non sappiamo — Gildone apparteneva alla famiglia Gambatesa comitale di Campobasso, che ne fu signora insino al 1465.Nel periodo durazzista — se al tempo di Carlo III o in quello di Giovanna II non sappiamo — Gildone apparteneva alla famiglia Gambatesa comitale di Campobasso, che ne fu signora insino al 1465.
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Nel 1465, devoluta Gildone al demanio, vi rimase giacente fino al 1467, ed in tale anno — insieme con Ielsi — fu concessa in feudo ad Al-berico Carafa duca d'Ariano, della cui prosapia forniamo le notizie sto-riche ed araldiche nella mon. di Forli nel III volume. Alberico Carafa (discendente dell'acquirente omonimo) nel 1586 vendè il feudo ad Ottavio Mastrogiudice col diritto del retrovendendo.
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Ottavio Mastrogiudice, marchese di Santo mango, tenne in dominio Gildone poco tempo, poichè Alberico la riscattò nel 1590. Alberico Carafa ebbe a successore il fratello Diomede: il quale, essendo Tesoriere del Regno ed enormemente indebitato con la R. Corte ed inadempiente, ebbe il sequestro dei feudi.
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Esposta all'asta Gildone, nel 1604, venne aggiudicata a Salvatore di Stefano, della cui famiglia sono noti quattro titolari pel feudo:
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a) Salvatore, acquirente.
b) Francesco primogenito, vivente nel 1650, secondo attesta il d'Urso (193).
c) Ottavio, figlio di Francesco, in vita nel 1700.
d) Francesco, unicogenito d'Ottavio, deceduto nel 1727 senza eredi.
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Gildone fu devoluta al demanio, e data tosto in feudo a Malizia Carafa, del quale trattiamo con qualche diffusione nella mon. di Campolieto. (La morte dell'ultimo dei di Stefano diede luogo ad una contesa giudiziaria intentata avverso il Fisco dalla contessa di Presicce donna Beatrice Capece, erede del di Stefano pei burghensatici parimente incamerati dal Demanio. La Capece mori nel 1758, e le sue ragioni vennero ereditate dal marchese Antonio Guindazzi. La causa andò tanto in lungo da finire poi innanzi alla Commissione Feudale).
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Quanto tempo rimase Gildone nella rinnovata signoria feudale dei Carafa? Non possiamo dare date precise: sappiamo, nondimeno, dal Sacco (194) che Gildone nel 1795 era terra regia.
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Con diploma del gennaio 1798, Ferdinando IV conferiva Gildone in feudo al principe di Belmonte Don Antonio Pignatelli, dell'insigne famiglia di cui estendiamo le notizie storiche e nobiliari nella mon. di Colletorto nel IV volume: e ciò in attestato di sovrano compiacimento pel trattato di pace del 10 ottobre 1796 stipulato dal medesimo a Parigi.
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La missione diplomatica del principe di Belmonte era durata cinque mesi, dal maggio all'ottobre (195).
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Il Candida Gonzaga (196) — senza indicazione dell'epoca — annoera Gildone fra le terre feudali della famiglia di Raho, della quale trattiamo nella mon. di Caccavone nel III volume. Diamo la notizia a titolo di curiosità.
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NOTIZIE ECCLESIASTICHE. - Gildone appartiene alla diocesi di Be-nevento. Consta d'una sola parrocchia sotto il titolo di S. Sabino, vescovo e martire, ch'è pure il patrono del Comune, e la cui festa viene celebrata annualmente il 1° agosto.
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Le chiese sono: S. Sabino. — È la parrocchiale, d'antichissima costruzione. Nel 1690, in occasione dei restauri che ne furono compiuti, venne consacrata dal cardinale Orsini il 15 agosto: e fu prescritto dall'illustre porporato, che poi ascese il soglio pontificio, che del fausto evento si celebrasse ogni anno la ricordanza il giorno 3 settembre. Si compone d'una sola nave, la cui superficie non supera 300 metri quadri. Comprende cinque altari, il più antico dei quali porta la data del 1656.
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S. Rocco. — Cappella che si direbbe fondata all'inizio del secolo se l'epoca della costruzione si potesse desumere dalla data dei due altari che ne sono ornamento: il 7 luglio 1709. Nel 1784, in virtù del R. Rescritto 29 dicembre, essa divenne sede delle due Confraternite locali, dedicate al SS. Sacramento al SS. Rosario.
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S. Antonio abate. — È incerto se sia stata edificata nel 1703, o sol-tanto restaurata. Ciò che si sa bene è che in tale anno — 18 giugno — enne consacrata dal cardinale Orsini. L'unico altare che l'adorna è sor-montato da un trittico perpendicolare, avente nella lunetta il Redentore crocifisso guardato dalle Marie: nel mezzo la Madonna col Bambino adorati da S. Antonio Abate e da S. Antonio di Padova: in basso, la Cena. Nella faccia divisionale fra la lunetta e il quadro centrale, è scritto: / Ad me oculos ad quam designo dirige mentem / MDXXXXII /. Il Campensa, cui dobbiamo queste notizie, ritiene il quadro centrale opera d'un pittore secondario della Scuola umbra del quattrocento, e che la data sia stata messa in occasione del trasporto di esso nella Chiesa, o per ricordo di qualche restauro cui andò soggetto.
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S. Martino. — Costruita nel 1738 (insieme con un piccolo romitorio che è annesso) da tal Martino Speranza ricco proprietario di Gildone. È a distanza di oltre mezzo chilometro dall'abitato.
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S. Maria a Quadrano. — Questa cappella è ubicata nell'ex-feudo di Quadrano, epperò ne porta il nome. Nel 1722 venne notevolmente re-staurata ed ampliata a divozione di Matteo ed Antonio del Vasto, gildo-nesi; e di recente ritoccata e decorata mercè l'obolo dei fedeli. È distante dall'abitato circa 4 chilometri.
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S. Maria di Costantinopoli. — Edificata nel 1729, in contrada ru-stica Tornavento, a distanza di circa 300 metri dall'abitato.
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S. Maria delle Grazie. -- Dista dall'abitato poco più di 200 metri, e fu consacrata dal cardinale Orsini nel 1711.
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Le serie degli arcipreti: Bonaccio Simeone di Toro (1597-98): Chiovitto Giulio (1598-1607): Fratino Andrea (1607-49): Chiovitto Lucio (1649-79): Cicchetti Antonio (1680-99): Campensa Giuseppe (1700-47): Campensa Domenico (1747-63): Campensa Giuseppe (1764-90): Virgilio Francesco Maria (1790-1817): Del Vasto Domenicantonio (1818-43): Farinaccio Giuseppe (1843-66): Del Balso Pasquale (1868-71): Virgilio Girolamo (1874-81): Colicchio Angelantonio (1882-92): Leone Domenico (1892-19..
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NOTIZIE AMMINISTRATIVE. - Gildone fu pertinenza della Capitanata, e forse prima del 1806 non era mai appartenuta al Contado di Moli-se. Nel 1799 venne compresa nel Dipartimento del Sangro e nel Cantone di Riccia. La sua annessione al Molise dipese dal R.D. 25 dicembre 1806, quando il Governo di Ielsi (in cui Gildone era compresa) fu staccato dal Distretto di Foggia ed assegnato a quello di Campobasso. Da quell'anno Gildone rimase sempre nella circoscrizione del Go-verno (poi Circondario) ed ora Mandamento di Ielsi. Dal 1892, per R.D. 31 luglio che sopprimeva il Mandamento giudiziario di Ielsi, Gildone fa parte del Mandamento giudiziario di Campobasso.
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Il Municipio è in sede di proprietà comunale negli antichi locali che un tempo formavano l'Ospedale: il quale era stato ampliato e restaurato per iniziativa del cardinale Orsini nel 1724. Il Comune per siffatti locali corrisponde un annuo canone di L. 100 alla locale Congregazione di Carità.
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Le serie dei Sindaci:
Farinaccio Giacomo (1809): Del Vasto Nicola (1810-14): Ricciardi Pietrangelo (1815-16): Luciano Michelangelo (1816): Serafini France-scantonio (1817-19): Luciano Michelangelo (1820-21): Di Chiccio Bar-tolomeo (1822-24): Speranza Michele (1824-31): Speranza Gaetano (1831-32): Perrotti Antonio Maria (1838-36): Mendozzi Giuseppe (1836-40): Del Vasto Nicodemo (1840-12): D'Elia Giuseppe (1842-49):
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Del Balzo Francesco (1849-52): Del Vasto Michele (1852-56): Farinaccio Domenico (1856-57): Di Lillo Nicola (1858-60): Campensa Aurelio (1860-68): Perrotti Giovannicola (1869-83): D'Elia Ferdinando (1883-85): De Chicchio Giovanni (1885-86): Vitale Michele (1887-88): Speranza Francesco (1890-95): Del Vasto Domenicantonio (1895-97): Germano Domenico (1897-99): Campensa Domenicangelo (1900-07): Bonomo Gaspare (1908-..
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COLLEGIO ELETTORALE. - Gildone fa parte del Collegio di Riccia dal 1861, e sempre di questo è stata pertinenza tranne che nel breve periodo dal 1882 al 1891, in cui fu compresa nel Collegio Campobasso 1.
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AGENZIA DELLE IMPOSTE. - Campobasso.
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UFFICIO DEL REGISTRO. - Campobasso.
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ISTRUZIONE PUBBLICA. - Il Comune annovera tre classi elementari maschili e tre femminili, rette da quattro insegnanti d'ambo i sessi. La spesa annua complessiva ammonta a L. 5.100.
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POSTA E TELEGRAFO. - L'ufficio postale venne impiantato nel 1884. L'ufficio del telegrafo nel 1890.
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ISTITUZIONI ECONOMICHE E DI BENEFICENZA.
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* Cassa di Prestanze agrarie. — Non ancora è in funzione; ma dispone d'un capitale di L. 3.000 proveniente dalla liquidazione del Monte Frumentario, e depositato sulla Cassa Postale di Risparmio. Nel 1902 la rendita dell'ente ascendeva a L. 56,06 gravata di L. 2,50 di contributo alla Provincia.
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* Congregazione di carità. — Dispone d'una rendita mista di circa L. 900 fra moneta e generi cereali, sulla quale corrisponde alla Provincia il contributo di L. 39,98.
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ILLUMINAZIONE PUBBLICA. - A petrolio, dal 1870. Si stanno facen-do pratiche per l'illuminazione ad energia elettrica.
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CIMITERO. - Fu costruito nel decennio dal 1851 al 1860, a distanza minore d'un chilometro ed in località più alta dell'abitato. Venne poi ampliato nel 1882 su progetto del geom. Giuseppe Massimo con una spesa di circa L. 3.000. Contiene una sola cappella gentilizia di proprietà della famiglia d'Elia, conforme il progetto redatto dall'ing. D. Campensa.
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EX-FEUDI NELL'AGRO ATTUALE.
* Quadrano. ----È ubicato nella zona meridionale dell'agro gildone-se, nel quale sorge la cappella di S. Maria, che è detta ora ufficialmente.
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S.Maria dell’Assunta, e nei primi secoli portava il nome di S. Maria Decorata, fondata dai Benedettini nell'XI secolo. L'ex-feudo venne reintegrato in parte al Comune con sentenza 5 giugno 1810 della Commissione Feudale. Il Comune, finora, ha dato le terre di Quadrano in fitto; ma dovrà forse deliberarne la concessione in enfiteusi analogamente a quelle di S. Andrea.
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* S. Andrea. — Antico feudo boscoso, situato a sud-ovest dell'agro comunale, in confine con gli agri di Cercemaggiore (prov. di Benevento) e di Mirabello. Esso nel 1593, con atto del 31 agosto, fu venduto da Alberico ad Oliviero Carafa, facendo salvi ai cittadini i diritti di acquare, pascolare e pernottare.
Un tempo sorgeva in esso un casale, nelle cui adiacenze era stato costruito nel secolo XIV un Convento di Agostiniani, a divozione di Geronimo Carafa signore titolare di Gildone. Questo Convento fu abbattuto dal terremoto del 1805, ed attualmente ne sono ancora visibili i ruderi che attestano la sua cospicuità tramontata.
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• La Commissione Feudale, con la sentenza anzidetta, decise la reintegra parziale di S. Andrea in favore del Comune, riconoscendo su di una parte non minore il diritto degli eredi del feudatario.
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CRONACA LOCALE. * 1909. — Impianto dell'orologio pubblico, fornito dalla ditta Curci di Napoli, in sostituzione della vecchia macchina che ricordava del secolo scorso.
* 1911. — il 4 agosto viene inaugurato l'acquedotto costruito dall'impresa Ing. Cesare Palomba, sotto la direzione dell'ing. Filippo Vitale: quale acquedotto conduce nell'abitato l'acqua della sorgente di Cisternola che dà tre litri a secondo. Esso ha importata una spesa d'oltre L. 30.000, nonostante che l'autore del progetto — il concittadino ing. Domenicangelo Campensa — avesse rinunciato al debito compenso.
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BIOGRAFIA.
Domenicantonio Del Vasto. — Nato in Gildone il 12 aprile 1836 da Nicodemo ed Orsola del Salso, vi morì il 19 marzo 1900. Compiuti gli studi nel Seminario archidiocesano di Benevento, fu ordinato sacerdote; ma nel 1861, dismesso l'abito ecclesiastico, si stabili a Napoli. Nel 1877 venne eletto Consigliere Provinciale del Mandamento di S. Croce del Sannio (prov. di Benevento), e fu pure Deputato Provinciale per qualche tempo. Nelle elezioni generali a scrutinio di lista per la XV Legislatura — indette il 29 ottobre 1882 — risultò eletto Deputato al Parlamento nel Collegio di Campobasso I; ma non prese parte attiva nella politica parlamentare, e nei Comizi successivi per la XVI Legislatura restò succombente con 4304 voti. Ritiratosi nella nativa Gildone nel 1888, per curare la malandata salute, occupò le cariche prime di Conciliatore e poi di Sindaco, lasciando buona ricordanza di sè per solerzia, equità, ed il più alto disinteresse.
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La Storia del Camposanto
L'Editto napoleonico del 1811 imponeva a tutti I comuni la formazione di un Camposanto al di fuori del centro abitato in modo che I miasmi potessero disperdersi nell'aria senza recar danno alia popolazione. Nel nostro comune il cimitero fu progettato dall'ing. Mennella nell'anno 1818 da realizzarsi nel sito di Aia delle forche, ma di tale progetto considerato anche I'eccessivo costo, 1300 ducati circa, non ci fu mai la reale intenzione di costruirlo. Prima delia disposizione napoleonica i cadaveri venivano inumati divisi per sesso, e per ceto socia Ie nelle chiese, grandi fosse che periodicamente dovevano essere espurgate gildone ne aveva molte nella chiesa di San Sabino una molto antica, in disuso,chiamato il Cimitero vecchio, sita nella zona detta il fossa di Pilato. Un'altra sepoltura era situata ai margini dell'attuale piazza e una grande croce in pietra con motivi cimiteriali a bassorilievo ne indicava la data di aperture: 1608. Questa sepoltura era stracolma al punto tale che I gas generati dai cadaveri sollevavano il coperchio e si spandevano nell'aria ammorbandola. Le sepolture delia chiesa di San Sabino non erano in migliori condizioni,inoltre la fabbrica era bassa e stretta e per rendere I'aria meno nociva il Sagrestano vi accendeve il fuoco per provocare il fumo purificatore. Oggi di esse non se ne conserva traccia. Sicuramente furono riempite con sfabbricatura durante la costruzione della nuova chiesa nell'anno 1923. Per inIlziare la sistemazione definitiva dei trapassati bisogna giungere al 1859, anno in cui la buona volonta del cappellano di San Martino, Sabino Speranza, e delle famiglie di Lillo e Germano che offrirono il terreno, permise la realizzazione del Cimitero nell'attuale sito. Il primo atto formale del comune di Gildone in merito alla formazione del Camposanto si ebbe il 28 giugno 1832 a firma del sindaco Gaetano Speranza. Il Comune non poteva assolutamente permettersi di altri prestiti perche già debitore di 2.000 ducati a cui se ne assumevano altri 350 delia precedente Amministrazione. Si penso a un podere dei fratelli don Antonio e don Michelangelo Perrotti gia dotato di una cappella, Santa Maria di Costantinopoli, oggi San Nicola. I due fratelli, contattati, si dichiararono disponibili a cedere il fonda a condizione che venissero compensati con equivalenti estensioni di terreno Su sollecitazione del Consiglio il sindaco Gaetano Speranza, il 15 aprile 1832, porto in Decurionato il progetto di permuta per farne deliberazione. Il Decurionato si dichiara d'accordo e dispose una verifica dei fondi e delle fabbriche per mezzo di Francesco del Balso di Michele, perito argimensore, e di Feliciano Jamartino di Arcangelo, perito muratore, che il16 aprile 1832 si recarono sui fondi per determinarne I'apprezzo. AIl'lntendente giunsero due ricorsi uno a firma di don Giovanni Lepore, don Matteo Jafanti, don Domenico di Gregorio d'Elia, Domenico Farinacci di Antonio, Nicola Farinacci, Nicola Vitale di Filippo, don Michelangelo di Chicchio; Nicola d'Amico, Giacomo e Feliciano Farinacci; il secondo ricorso a firma di Michele Tartaglia, risultato poi anonimo perche il Tartaglia, all'epoca, era gia morto da due anni. Sicuramente dietro tale nome si celava I'altro notabile e proprietario del paese sempre attivo nelle dispute giudiziarie del tempo: il dottor fisico don Michele Ziccardi. Appurate Ie accuse mosse contro di loro dai suddetti benestanti "cittadini particolari", donn'Antonio e don Michelangelo recedettero dal contratto facendo conoscere agli interessati che non intendevano, ne piu potevano trattare la permuta perche da mesi avevano disposto diversarnente dei lori fondi. l'ing Giuseppe Gigli, su incarico del Consiglio d'intendenza, come alternativa al fondo Perrotti, propose il sito di Piana delle Cerrete, un tratto di territorio dalla superficie di palmi 450 per 200 circa che 'incontra a sinistra quando da Campobasso si giunge al punto in cui si scopre Gildone percorrendo mulattiera. Verso tale proposta il Decurionato si espresse negativamente perche il Camposanto sarebbe venuto sulla strada piu frequentata del tenimento.
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Il 3 giugno 1838, sollecitato dall'intendente ,il sindaco Giuseppe Mendozzi riunisce il Decurionato e la commissione sanitaria riproponendo come sito ove formarsi il Camposanto. Il parroco don Domenicantonio del Vasto, intervenendo nella riunione in qualita di membra componente la Commissione Sanitaria, verbalmente e anche a nome di tutto il Reverendo Clero di Gildone, offre gratuitamente parte delle venti tomole di terreno che la Cappella di Santa Maria delle Grazie aveva avuto in lascito da Stanislao Speranza nella zona di piana Ramunno attigua alla Cappella Il Decurionato prese atto di questa offerta e, considerati gli enormi vantaggi che ne derivavano alle casse del comune delibera di accettare la proposta dell'arciprete del Vasto dando, nella stessa seduta, I'incarico al decurione Francesco del Balso, esperto di fabbriche, di approntare il progetto di costruzione. Mentre tutto sembrava concludersi per il meglio, Angelantonia Papa, vedova di Stanislao Speranza e usufruttuaria dei terreni che il defunto marito aveva donato alia Cappella di Santa Maria delle Grazie, ricorre all'intendente esposendo che il fonda non è idoneo perche non conforme al Regio Decreto citato: è Acquoso, e sottoposto ai venti boreali che spirano verso il Paese, è a piccola distanza dall'abitato. Concludeva esposto dicendo che "Ia Comune di Gildone è circondata da tanti fondi comunaIl e particolari più idonei per la costruzione del Camposanto secondo le regole delia legge". A tal proposito indica Il fondo comunale del Cerreto. L'lntelidente affida a Francesco Palmieri la verifica di quanto esposto dalla vedova di Stanislao Speranza. L'lngegnere si reca sul luogo col Sindaco, I Decurioni, Medico locale e Il Deputato sanitario, fa scavare una fossa profonda quattro palmi nel punto piu alto di piana Ramunno e, nonostante la gran siccita, era a luglio, I'argilla presentva trasudamento di acqua il Palmieri giustifica Ie ragioni addotte da Angelantonia Papa e, concludento, che non essendo idoneo il fondo del Cerreto a causa delle sorgive non resta che realizzare il progetto del 1818 su Aia delle Forche, superiomente alia strada, perchè terra sciuttissima e a giusta distanza dal Paese. E proprio questo che il sindaco Mendozzi non voleva fare perche sarebbe costato alla comunita di Gildone Ducati 1288.42, sornma di cui non poteva assolutamente farsi ca rico. Il 13 settembre 1938 il sindaco Giuseppe Mendozzi comunica all'intendente che riesce a reperire i fondi necessari per fronteggiare la costruzione del Camposanto. E propone ad uso di sepoltura il locale delia chiesa diruta esistente fra Ie rovine del soppresso monastero dei PP AA previa la necessaria restaurazione. Fu incaricato delia perizia il Mo muratare Francesco del Balzo fu Michele il locale era molta ampio, misurava palmi 40 per 40, aveva bisogno di cancello di pietre ed Itro materiale caduto col terremoto, rifazione di canne 10 di recinto mancante fino all'altezza di palmi 11 richiesti dalla legge, il tutto con una spesa complessiva di ducati 62 Tale progetto, però fu accantonato anche come sepoltura provvisoria perchè troppo distante dall’'abitato (1 miglio e 1 quarto).
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Dopo diverse ricerche, pressato dalle autorità sanitarie del circondario e dall'lntendente, il comune fu costretto a prendere in seria considerazione il progetto del 1818 sul sito d'Aia delle forche, un fondo di Michele Perrotti, superiormente alla strada del paese, vicino ad un limite della tenuta comunale del Cerreto .ln data 11/8/1839, sindaco Giuseppe Mendozzi, delibera tale scelta utilizzando per un primo finanziamento dell'opera, su consenso del clero, la somma che il comune annualmente destinava al predicatore quaresima ammontante per I'anno 1840 a ducati 24 e quella che si poteva ricavare dalla vendita di 100 canne di legna del bosco comunale di S. Andrea. Viene incaricato di redigere la perizia il muratore Francesco del Balso. Nella prima subasta I'appalto viene aggiudicato al muratore Antonio Vecchiullo per carlini 24,5 per ogni canna di fabbricato. L' 11/ 7./1840, non essendo decorsi ancora i termini per la chiusura della gara, il muratore Nicolangelo Speranza scrive al Sindaco offrendo un ribasso di grana 24. Viene dunque organizzata una seconda subasta in grado di decima che viene aggiudicata al suddetto che si uniforma a tutti i patti e condizioni sottoscritte dal Vecchiullo e indica come fideiussore Ferdinando Virgilio muratore e proprietario. Su richiesta dell'arciprete don Domenicantonio del Vasto, tramite approvazione dell'lntendenza, il Sindaco don Nicodemo del Vasto convoca il Decurionato e delibera l'acquisto di altre due misure di terreno in modo da costruire, fuori dalle mura di cinta un altro ricovero per dare sepoltura alle spoglie di coloro che muoiono senza battesimo, o di aliena religione o di coloro che morissero indegni per essersi” sconsigliati” Lo stato dei lavori, fatto verificare Il 20-2-1842 dai periti muratori Severino Riccelli e Michele Ricciardi con I'assistenza dei deputati alle OOPP Sabino Mandato e Domenico Luciano, non andava oltre la costruzione di un muro della lunghezza di palmi 458, largo palmi tre e profondo palmi 4.5, corrispondenti a canne 44. Il tutto ammontante a un valore complessivo di ducati 100. Il 12 maggio 1844 Il sindaco Giuseppe D'Elia avanza la proposta di aprire una sepoltura provvisoria nella chiesa campestre di S. Martino e, nello stesso consenso, si discute di una lettera del sacerdote don Pasquale Speranza all'lntendente conte Gaetani. Lo Speranza rivendica, per i Sacerdoti della sua famiglia, un diritto padronale risalente a uno strumento del 1709 stipulato tra il cardinale Orsini e il sacerdote don Martino Speranza. Chiede, pertanto, il rispetto del Concordato suggerendo, vista I'impossibilita di trovare una soluzione, acconsenti alla costruzione di una fossa nel recinto della cappella rurale di S. Maria di Costantinopoli oggi San Nicola da utilizzare come momentanea sepoltura in pendenza della costruzione del cimitero definitivo su Aia delle forche. Per dar corso a quanta disposto, i muratori Francesco del Balso fu Michele e Crescenzo di Lillo, su richiesta del Sindaco Giuseppe D'Elia, effettuarono una perizia sui lavori da farsi nel recinto delia cappella. La fossa avrebbe dovuto avere Ie seguenti misure. larghezza palmi 15, lunghezza palmi 19 e altezza palmi 13. Per tale lavoro il costo sarebbe ammontato a Ducati 66 e grani 80. L'Amministrazione, mancando come al solito di mezzi chiese all'lntendente I'accensione di un mutuo necessario per la suddetta opera. I soldi, anticipati dalla cassa provinciale, sarebbero stati depositati nelle mani dell'Arciprete e I'estinzione del mutuo sarebbe avvenuta con la vendita di legnarne del bosco di Quadrano. Trascorse piu di un anno, ma I'atto formale dell'autorizzazione si faceva ancora attendere.
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Dietro minaccia del parroco arciprete Giuseppe Farinaccio di far tumulare I cadaveri in aperta campagna, l'ing Gigli approva il progetto dei lavori, ma rimanda una tale questione alle sedi decisionali competenti. La lentezza e la cecita della burocrazia si giunge a marzo del 1845 senza che Ie autorita superiori si disimpegnassero in deroga alla legge che proibiva Ie sepolture nelle chiese. lntanto imperversava I'epidemia del vaiolo arabo, la cui ferocità menava a morte piu ragazzi al giorno e che.dovevano essere seppelliti in luogo non sacro. Il Sindaco Giuseppe D'Elia, affinche si procedesse in modo celere all'assegnazione dell'appalto, fu autorizzato a procedere alle gare di Appalto dando corso ad un solo incanto amministrativo. L'appalto fu assegnato per ducati 50 ai muratori Crescenzo di Lillo, Alfonso Virgilio e Antonio Vecchiullo, garante Il muratore Ferdinando Virgilio. L'opera doveva esere eseguita nel tempo di due mesi. Nel corso dei lavori, dopo lo scavo si dovette procedere alla costruzione di acquedotti sotterranei per scaricare verso il torrente S. Nicola I'acqua che sorgeva sotto la chiesa. Ciò determinò un aumento della spesa di Ducati 38 e una serie di ostacoli non previsti. Nacque pertanto, davanti al giudice di pace di Jelsi un contenzioso tra il Sindaco e i muratori per il quali, causa delia sospensione dei lavori, si chiedevano gli arresti personali. La fossa fu approntata nel periodo marzo aprile 1846. Già, pero, il 4 novembre delia stesso anno, il Parroco don Domenicantonio del Vasto chiedeva la riapertura delle sepolture all'interno delia chiesa matrice in conseguenza della replezione completa e regurgitante dei cadaveri nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli cimitero dell'abitato, minacciando ancora una volta di esporre i cadaveri nelle campagne a grave danno della pubblica salute a causa delle pesfifère esalazioni fatto che portò all'edificazione del cimitero nell'attuale sito di colle San Martino fu l'epidemia di colera dell'anno 1854. Le vittime di detto morbo non potettero essere seppellite in alcuna delle sepolture tradizionali ancora funzionanti. Fu occupato allora un suolo adiacente alla cappella rurale di San Martino, per una parte appartenente al cappellano don Sabino Speranza ed Il rimanente a vari proprietari col tal suolo confinanti. In tale terreno vi vennero sepolti 80 colerosi. Per detta inumazione fu occupato più suolo di quanto in realta ne occorresse per la ragione che nel trambusto del flagello si badava piuttosto alia esecuzione facile e pronta del lavoro che al risparmio della superficie occupata. Per molto tempo i cadaveri rimasero esposti in aperta campagna, vicino ad una pubblica strada senza nemmeno una siepe o ciglione che facessero del sito un luogo riservato al cenere dalle ingiurie degli animali. Il custode della cappella ed Eremita Vincenzo Rossi nell'aprile del 1855 inoltra sulla situazione un esposto in cui denuncia l'indecenza, sollecitando l'lntendente ad intervenire presso Il Sindaco affinche "provvedesse a recingere almeno quella parte di terreno che interessava I colerosi, soggetta a ogni ingiuria degli animali attirati dal lezzo degli umani residui, ridestare il fragello". Il Decurionato in consessi che vanno dal1856 al1858 espone all'lntendente diverse considerazioni riguardanti il luogo dove formarsi il Cimitero.
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Chiede pertanto all'lntendente I'autorizzazione al cambiamento di sito perche quello di Aia delle forche non risponde più aile esigenze della comunità per difficoltà economiche, sanitarie e di accesso. Considerando anche la questione morale di Santa Maria di Costantinopoli dove in un'unica fossa venivano sepolti cadaveri di maschi e di femmine. La consideranto cappella, la casa del custode e una buona strada di acceso, la spesa secondo la perizia eseguita dal M° muratore Ferdinando Virgilio dall'agrimensore Giuseppe Massimo con la collaborazione dei deputati alle OOPP Domenico Germano e Francesco del Balso sarebbe stata nell'ordine di 395 ducati a cui andavano aggiunti i 30 ducati del costo del terreno. L’autorizzazione non si fece ulteriormente attendere ed i lavori furono autorizzati in Amministrazione, I'appalto fu assegnato a Ferdinando Virgilio da eseguirsi secondo Il progetto dell'ing. Mennella e da completarsi nel tempo massimo di due anni. Sindaco Domenico Campensa il camposanto di San Martino fu benedetto Il 29-4-1861.
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Cenni su Gildone in Italia
Il paese sorge in una zona collinare; il paesaggio è quello tipico della collina molisana: campi coltivati che si alternano con appezzamenti incolti e boschi che ricoprono una buona parte di territorio. In epoca sannitica, come è attestato dal ritrovamento di una necropoli nell'agro comunale, il territorio di Gildone era già abitato; l'attuale comune, poi, prosperò con l'immigrazione degli abitanti dei feudi di Quadrano e S. Andrea, trasferiti per motivi ignoti. Nel corso dei secoli anche questo paese vide l'alternarsi di diverse famiglie al potere, sino al termine della feudalità. Poche e non sempre attendibili sono le notizie disponibili riguardanti l'etimologia del nome. Nel catalogo Borelliano del XII il nome era Celidonia, di seguito fu Geldoniam, poi Cedrone e nel XVIII secolo Gildone.
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Il Santo patrono è San Sabino che si porta in processione il 1 Agosto.
Altre feste ricorrenti nel comune sono: La festa di Sant'Antonio con la caratteristica processione con il pane; La festa in onore alla Madonna delle Grazie è senza dubbio la festività più sentita dai gildonesi, che viene portata in processione il 5 Agosto, giorno della festa; secondo una leggenda pare che un quadro raffigurante la Madonna sia stato ritrovato misteriosamente in un pozzo del comune di Casal vecchio di Puglia, che hanno come santa prottetrice la Madonna delle Grazie, quindi una devozione comune trasformata negli anni da pellegrinaggi reciproci.
Sagra dei peperoni che avviene ogni anno il 15 e 22 Agosto presso la Cappella di Santa Maria a Quadrano, località sempre nel comune di Gildone;

Nelle immediate vicinanze del paese sono presenti un sepolcreto e una fortificazione di epoca sannitica.
La fortificazione di Gildone
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Sorge nell'altura denominata "Montagna" che ha la quota massima di 902 metri s.l.m. Il circuito delle mura si segue in maniera discontinua; esso racchiude sia il pianoro superiore sia zone piuttosto accidentate, specialmente sul lato orientale e nord-orientale, da dove si gode un'ottima vista sulla valle del torrente Carapelle (affluente di destra del torrente Tappino, quest'ultimo affluente del fiume Fortore) e sul percorso del tratturo Castel di Sangro-Lucera.

Il sepolcreto sannitico di Gildone

Descrizione
Il piccolo nucleo di sepolture (23 tombe) è ubicato in località Morgia della Chiusa ai limiti di un piccolo pianoro che a nord/nord-est degrada verso la vallata di Gildone. Le tombe occupano un'area stretta ed allungata e si presentano in tre raggruppamenti che possono far pensare non a momenti successivi di deposizione ma a nuclei intenzionali (familiari, ad esempio). Le tombe sono tutte a fossa, senza copertura (ma un segnacolo esterno doveva esserci, dal momento che non vi sono casi di sovrapposizioni), riempite di terra e pietre; un caso certo ed uno dubbio avevano copertura "a cappuccina", cioè con tegole disposte in modo da formare un tetto a due spioventi. Lo scheletro è disteso supino talora con testa reclinata. Nel rituale funerario non vi sono variazioni di rilievo: la maggior parte delle tombe presenta uno o due vasi deposti ai piedi, in quelle di bambini (due casi) è chiaro il rito della frantumazione rituale dei vasi, in un caso (quello della tomba a cappuccina) il vaso (diverso dagli altri, trattandosi non di coppe o bacini ma di un vasetto per profumi) è posto sotto la testa; in due casi si osservano tracce di legno, che lasciano presupporre l'uso di tavole per il piano di deposizione o per protezione superiore del corpo. Le tombe maschili sono caratterizzate da un piccolo coltellino posizionato sulla spalla, da rasoi, da piccole asce, in tre casi da cinturoni di bronzo e in tre casi da punte di giavellotto. Le tombe femminili hanno le fibule (i fermagli per i vestiti) sia di bronzo che di ferro, talora con decorazione a filigrana; un solo individuo (la defunta della tomba a cappuccina), ha due anellini di ronzo, uno per mano. Sul limite sud-est del sepolcreto c'era un piccolo edificio costruito quando l'uso del sito a tombe era agli inizi; esso era probabilmente destinato ai riti connessi con la sepoltura ed a quelli praticati nelle ricorrenze dei defunti.
Le tombe occupano uno spazio cronologico tra la fine del V e gli inizi del III secolo a.C.
Le analisi antropologiche permettono di definire anche l'età dei defunti e gli stress nutrizionali e da attività lavorativa. A Gildone si registra un'alta mortalità nel periodo giovanile soprattutto tra i maschi; nelle classi adulte fino a 50 anni prevale la mortalità femminile con una presenza molto bassa di donne dopo i 50 anni. L'età media degli adulti è di circa 40 anni, 36 per le donne; gli infanti rappresentano una percentuale molto bassa (il 13%). La presenza di patologie dentali è molto alta specie nelle donne, indicata dagli studiosi come una conseguenza di malnutrizione, con un forte consumo di carboidrati e basso uso di carne, condizione tipica di comunità dedite all'agricoltura. Nel campo delle lesioni da attività lavorative le articolazioni più colpite sono quelle dell'anca, della spalla e del gomito; gli studiosi associano l'artrite al gomito delle donne alla macina dei semi. Tali lesioni sono presenti sia negli uomini che nelle donne, dediti in generale ad attività dure e pesanti, svolte già in età giovanile.
Festa di San Antonio (festa di pane)
Devozione e Tradizione
A giugno di ogni anno ( giorno da fissare) ricorrono i festeggiamenti in onore di Sant'Antonio da Padova e Sacro Cuore di Gesù, a Gildone (CB) dove ogni anno i Santi vengono portati a spalla nella caratteristica processione del pane. Le donne del paese sfilano nel corteo con in testa grandi cesti pieni di pane e ornati di gigli, il fiore simbolo del Santo. Le donne, tra le più esperte e devote, riescono a portare fino a 15kg di pane sulle proprie teste sfilando in processione con equilibrio e passo sicuro. La tradizione del pane è secolare e non si è mai interrotta.
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Secondo un prima tesi tutto risale al miracolo del piccolo Tommasino che era annegato e poi resuscitato. In quell'occasione la madre aveva offerto ad ogni povero tanto grano quanto pesava suo figlio. Invece c’è un altra tesi che pare più accreditata, che la devozione del pane entra nella festa in onore di Sant'Antonio negli anni '30, quando a Gildone arrivò la levatrice Amabile Tezzon, (a l’epoca i bambini nascevano in casa) signora proveniente da Rovigo. Un tredici giugno, quando la processione del Santo passava davanti la sua casa, (a mez le caser nove) questa signora fece trovare un altarino su cui aveva posto alcune pagnottelle di pane che, dopo la benedizione, distribuì ai poveri del paese. Negli anni successivi la Commissione organizzatrice della Festa fece propria questa iniziativa. La farina, donata dai proprietari, veniva lavorata e si preparavano pani in abbondanza. La mattina della festa, ancora oggi, il pane benedetto viene distribuito a tutta la popolazione. Il culto di Gildone verso Sant'Antonio da Padova si deve invece ai monaci dell'ordine di Sant'Agostino insediatosi nell'antico casale bulgaro di Sant'Andrea ancor prima dell'anno mille. La chiesa del loro convento, intitolata a Santa Maria Decorata..
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Legata alla tradizione del pane c'è quella della Tredicina: tredici bambini si riuniscono ogni sera nei dodici giorni che precedono la festa; davanti all'altare adornato con ceri e gigli i bambini si raccolgono in preghiera davanti un antico quadro raffigurante Sant'Antonio. Il tredicesimo giorno, prima della processione, indossano il saio trasformandosi nei cosiddetti monacell. Con una pagnottella di pane e un giglio seguono il Santo in processione.


